Qualcuno ci chiama sul cellulare: è la Guardia Costiera, che ci informa che la nostra barca è stata
ritrovata alla deriva, a tot miglia dal porto in cui l’avevamo ormeggiata. Quanto deve essere
stupefacente ricevere una telefonata di questo tipo? E sì, ci piacerebbe dire che questa sia una
possibilità remotissima, praticamente nulla. Non è proprio così: basta infatti leggere di tanto in tanto
le testate locali e nazionali per trovare delle notizie di imbarcazioni che, per via di una grande
disattenzione – o di una piccola disattenzione combinata al maltempo – rompono gli ormeggi e
abbandonano il proprio posto barca. È successo per esempio ad agosto a San Cataldo, a pochi
chilometri da Lecce: alcuni bagnanti hanno visto transitare in acqua un gommone senza nessuno a
bordo. L’allarme è scattato immediatamente, poiché quello stesso gommone presentava tracce di
“vita”, portando con sé delle attrezzature da pesca; si è così pensato subito al peggio, con la Guardia
Costiera a verificare immediatamente se si trattasse di un incidente in mare oppure, più
semplicemente, di un ormeggio tutt’altro che stabile. Sono bastate alcune ore per constatare che la
seconda ipotesi era quella giusta: il gommone era stato infatti attraccato ore prima a Casalabate, a
diverse miglia di distanza, con gli ormeggi che per qualche motivo si sono sciolti. E occhio, questa
è solo una delle storie di questo tipo che si possono trovare sui quotidiani: l’anno scorso aveva per
esempio fatto notizia una barca a vela che, dopo aver rotto gli ormeggi nel lago Maggiore, aveva
finito per impattare contro i pilastri di un noto ristorante in riva al lago. Vale quindi la pena
ripassare ancora una volta come organizzare un ormeggio sicuro in porto, per assicurarsi che al
proprio ritorno la propria imbarcazione sia ancora perfettamente ferma nel proprio posto barca,
senza danno alcuno!
I rischi aumentano
Imparare a ormeggiare la propria barca in modo sicuro, va sottolineato, è sempre più importante,
poiché di anno in anno le minacce sembrano sempre maggiori. I diportisti che ormeggiano
abitualmente le loro imbarcazioni piccole e grandi nel nostro porto turistico di Genova, grazie alla
protezione offerta dalla diga foranea, non devono temere la furia del mare, ma è pur sempre un
dato di fatto che negli ultimi anni gli eventi meteorologici estremi sono diventati via via sempre
più frequenti. Non è quindi in caso se, negli ultimi anni, le richieste di risarcimento che vengono
presentate agli assicuratori marini sono in continuo aumento, sospinte dalle tempeste e dai danni
invernali. Di fronte ai venti sempre più forti in effetti la vulnerabilità delle barche aumenta, ed è
quindi obbligatorio – per proteggere il proprio scafo come quello altrui, ovvero quello delle altre
barche ormeggiate nel porto turistico – imparare a gestire al meglio l’ormeggio.
Come ormeggiare in modo sicuro una barca in porto: la gestione dei cavi
Per un ormeggio sicuro è bene prima di tutto assicurarsi di avere a disposizione delle cime
d’ormeggio di qualità e in buono stato. A livello di materiali non esiste una scelta sbagliata: è
però importante sapere che diversi materiali hanno caratteristiche diverse. Nel caso delle cime
d’ormeggio in poliestere, per esempio, è bene ricordarsi che la loro elasticità è estremamente bassa,
così da rendere quasi indispensabile il ricorso a un ammortizzatore; nel caso del polipropilene,
invece, sarà necessario ricordarsi che la loro durata è minore, così come la loro resistenza
all’abrasione.
È poi bene seguire le regole basiche dei diversi tipi d’ormeggio: un attracco laterale abbisogna
come minimo di due cime, una a poppa e una prua, assicurandosi di predisporre preventivamente
tutti i parabordi necessari sul lato che si schiererà lungo la banchina; nell’ormeggio di poppa, il più
comune nel Mediterraneo, si assicurano entrambi i lati della poppa al molo, a V, trattenendo la prua
con una boa d’ormeggio, con un’ancora o con una cima.
Importantissima è la regolazione della tensione dei cavi d’ormeggio, concetto intorno al quale per la
verità ci sono delle scuole di pensiero differenti. Pensiamo al classico ormeggio di poppa con
doppio cavo in banchina e con corpo morto a prua: quanto dovrebbero essere tesi i cavi?
L’obiettivo principale per un ormeggio sicuro dovrebbe essere quello di evitare che la barca si avvicini troppo alla banchina o alle altre barche ormeggiate nelle vicinanze, o che si leghi prendendo il largo; ecco che allora istintivamente si sarebbe portati a tendere al massimo i cavi d’ormeggio, per immobilizzare la
barca, anche di fronte alla risacca o al vento forte. Ma attenzione: dei cavi troppo tesi non sono in
grado di assorbire i colpi, esponendo sia sé stessi che la barca a dei danneggiamenti. Per questo
motivo sarebbe sempre bene optare per un compromesso, con degli ormeggi fissi ma morbidi,
capaci di tenere ferma la barca pur senza strattonarla violentemente.
Rafforzare i cavi per l’ormeggio in porto
Quelle viste sopra sono delle regole di base per l’ormeggio. Ma cosa si dovrebbe fare per renderlo
più stabile? Pensiamo a chi abbandona per giorni o persino per settimane o mesi la propria barca
ormeggiata nel porto, e che quindi vuole avere la certezza di non ricevere una chiamata allarmata da
parte della Guardia Costiera o del gestore del porto turistico; ma anche a chi ritornerà il giorno dopo
al posto barca, sapendo però che le previsioni meteo segnalano venti forti per le ore successive.
Che fare? Per prima cosa, è bene essere molto prudenti nello stimare i carichi cui i cavi d’ormeggio
sono soggetti durante una burrasca: è quindi buona cosa raddoppiare i cavi, nonché proteggerli,
andando per esempio a posizionare nei punti di attrito dei rivestimenti fatti con dei vecchi stracci o
con delle sezioni di tubo di gomma.