Non molto tempo fa il quotidiano francese Le Monde ha pubblicato un lungo editoriale intitolato: “E se ci mettessimo a trasportare le merci a vela?”. Chiunque avrebbe pensato che parlasse delle nuove applicazioni che permettono ai grandi mercantili di risparmiare sui costi del gasolio aiutandosi con le vele. E invece no. Perchè la Francia, non dimentichiamolo, comprende anche la Bretagna, e i Bretoni, che negli ultimi anni hanno deciso di recuperare la tradizione del cabotaggio a vela. L’editoriale di Le Monde parla proprio di questo, e del posto che il trasporto a vela ha ripreso nell’economia della zona. Piccolo, per ora, ma pieno di spunti, di belle storie e di speranze.
Nel 2009 Guillaume Le Grand si è detto “le barche le abbiamo, le rotte esistono, i venti non dovrebbero finire”, e ha fondato TOWT – Transoceanic Wind Transport -, un’impresa che si occupa di trasporto di merci a vela, sfruttando le barche, le rotte e il vento e inventandosi qualcosa di nuovo: Guillame e i suoi collaboratori hanno cercato produttori e distributori che fossero interessati a questo tipo di trasporto, e ne hanno trovati diversi.
A metà ottobre dello stesso hanno, il TOWT ha preso il via. In autunno, diradatosi il traffico estivo, la Biche, una nave di 32 metri di inizio ‘900, uscì da Lorient carica di birra inglese e arrivò a Bordeaux. Vendette la birra e si ricaricò di vino, conserve di pesce e sale, per poi risalire la Manica. Ma ora, la flotta di TOWT comprende anche brigantini e navi più grandi che si spingono fino ai Caraibi cercando rum e cioccolata, e fino alle Azzorre per comprare tè, sia per conto terzi che per conto proprio.
Le possibilità di fare del cabotaggio a vela un marchio sono molte, e la TOWT si è organizzata per sfruttarle tutte, come le etichette di “trasporto ecologico” che certificano lo scarso impatto ambientale dei prodotti, e le iniziative ancora più scenografiche, come racconta lo stesso Guillaume Le Grand a Le monde: “Quando risaliamo carichi di vino fino a Brest, scarichiamo le bottiglie sulla banchina, e il cantiniere degusta direttamente davanti alla barca“. In questo modo, il trasporto, solitamente mai sotto i riflettori, diventa un efficace veicolo di marketing.
Ma aldilà della comunicazione, e senza abbandonarci del tutto al romanticismo dei vecchi brigantini che risalgono la Manica carichi di vino e conserve di pesce, è la questione del prezzo delle merci trasportate a vela che ostacola il ritorno di questa tipologia di distribuzione. Il trasporto di merci tramite cargo è infatti così diffuso perchè è poco costoto (nell’editoriale Le Monde riporta che il 90% delle merci scambiate in Francia sono state trasportate via nave). Secondo uno studio dell’associazione Armatori Francesi il trasporto incide sul prezzo finale del prodotto per una percentaule compresa tra lo 0,3% e l’1,6% – pochi centesimi. D’altra parte è interessante sottolineare che, sommando le emissioni di tutti i cargo circolanti per il mondo, si calcola che equivarrebbero alla quarta nazione del mondo per inquinamento.
Costi ed emissioni sono collegati anche da un punto di vista economico, perchè l’inquinamento è la classica delle esternalità negative della teoria economica: il prezzo di un prodotto non riflette un costo sociale (le emissioni di CO2, in questo caso, con tutte le loro conseguenze), che viene quindi “pagato” dalla collettività e non da chi trae un guadagno dal prodotto stesso.
Nel caso del trasporto a vela le merci subiscono inevitabilmente un aumento di prezzo, che noi percepiamo come assoluto perchè il costo sociale più basso (niente CO2 nell’aria) non viene incorporato nel prezzo e di conseguenza non viene percepito dalla collettività. Ma abbiamo buone notizie anche in questo caso: Guillaume Le Grand afferma che il sovraprezzo da pagare su una bottiglia di vino trasportata a vela invece che a motore, sia di circa 20 centesimi di euro. Tutto sommato, si può fare.